L’equazione Valle del Douro = Porto rende omaggio al più noto e consumato vino liquoroso del mondo, il Porto. Sin dalla metà del XVIII secolo, quando il Marchese di Pombal fondò la Compagnia Generale delle Vigne dell’Alto Douro e introdusse il concetto moderno della Denominazione di Origine Controllata nella storia mondiale del vino, il Porto delizia i sensi degli enofili di ogni continente.
La sera di venerdi 6 marzo anche noi gli abbiamo reso omaggio a fine serata con un Tawn
y e un Vintage di qualità. Ma, con tutto il rispetto per “il primo della classe”, abbiamo scoperto come la Valle del Douro mantenga una forte tradizione legata anche a vini bianchi e rossi secchi e non fortificati, prodotti da vitigni rigorosamente autoctoni dai nomi musicali: tra i bianchi Malvasia Fina, Gouveio, Viosinho, Codega, talvolta con un leggero tocco aromatico dato dal Moscatel Galego Branco (nella foto a destra); tra i rossi i coloratissimi Touriga Franca (il vitigno rosso più diffuso; azzardando un paragone con gli uvaggi di Bordeaux, lo potremmo accostare al Merlot, per le delicate note fruttate e la morbidezza che dona al vino), Tinta Barroca e Tinta Roriz (quest’ultimo è il 
Claudio Agostinetto, canavesano di nascita ma portoghese d’adozione – la famiglia della moglie Vania figura 
L’Adega de Favaios (Cantina Cooperativa di Favaios) fu fondata nel 1952 e oggi rappresenta una delle 
Ma cominciamo ad orientarci: il paese di Favaios si trova nella r

Il primo vino della serata coglie tutti piacevolmente di sorpresa: l’Encostas de Favaios Branco 2013 IGP (moscatel galego branco circa 50%, il resto malvasia fina e codega) debutta con un naso estroverso e quasi sauvignoneggiante, da cui emergono note floreali, citrine e di frutta tropicale, ma anche quelle più tipiche di salvia e pesca bianca del moscato. Secco e di medio corpo, decisamente teso in bocca tra freschezza e sapidità che spiccano anche per il moderato grado alcolico (12,3%): perfetto con piatti leggeri di pesce, molluschi. Lo accompagniamo con filetti di sgombro e olive taggiasche.

Eccoci all’unico rosso secco della serata, il Douro DOC Tinto 2011 (touriga franca 50%, tinta roriz 30%, tinta barroca 20%): un vino verace, denso e mediterraneo ma allo stesso tempo piacevolmente rustico e “di montagna”, come lo definisce Claudio. Il colore è quasi porpora, di un vino “che macchia”. Vinificato e affinato per 8 mesi interamente in acciaio, offre
al naso intense note di piccoli frutti maturi (mirtillo, ribes rosso), con una elegante e leggera speziatura naturale di vaniglia; in bocca è pieno, fresco e dai tannini avvolgenti, già equilibrato. In assenza di succulente carni rosse e selvaggina… noi lo accompagniamo con una squisita e speziata coppa affumicata portoghese e con pancetta pepata nostrana.
Arriviamo al cuore della serata e di questo viaggetto virtuale nella Valle del Douro: il Moscatel do Douro DOC Classico (100% Moscatel Galego Branco), servito ben freddo tra 8-10 °C. La fermentazione delle uve moscato comincia in acciaio con macerazione pellicolare di 3-4 giorni per estrarre il massimo di aromaticità dalle bucce, poi la fermentazione si interrompe con l’aggiunta di acquavite di vino moscatel, portando il tenore alcolico a 17%. Infine si fanno sapienti blend di partite diverse, con affinamenti minimi di 3 anni in botte. Appena il vino rotea nel calice… il sorriso scatta sui volti dei presenti in sala!!! Il colore è oro brillante, il profumo è vivissimo di note aromatiche dell’uva, poi floreali, citrine (arancia, mandarino), miele e caramello, in bocca è fresco ma allo stesso tempo morbido, dolce, caldo e vellutato. Intensità amplificata in ogni dimensione. Ideale in ogni stagione come aperitivo con ghiaccio, si sposa altrettanto bene con dolci come le torte di frutta bianca: noi lo abbiniamo a una torta di mele e cannella (a grande richiesta, ecco la ricetta).
Si continua con il Moscatel do Douro DOC 10 anos (100% Moscatel Galego Branco): rispetto al Classico, la macerazione continua per altri 5-6 giorni dopo l’aggiunta di acquavite, poi comincia un lungo affinamento in legno a cui fa seguito la creazione di un blend di annate diverse, tutte con almeno 10 anni in botte. Il colore si fa più ambrato, il naso si arricchisce di fiori e scorza d’arancio, di uva passa, frutta secca, tostatura e miele. In bocca intenso, molto persistente e morbido, questo vino è ideale con i formaggi erborinati. Noi lo accompagniamo con l’altrettanto intenso Blu del Moncenisio dell’azienda Corbusier di Novalesa.
L’allegro brusio in sala conferma la positiva sorpresa dei Moscatel do Douro: il Classico è allegra
spensieratezza estiva, il 10 anos un vino prezioso da bere anche in una fredda sera invernale. Ma… non è finita!, passiamo ai Porto. Il primo è il Porto Tawny (touriga franca, tinta roriz / barroca / amarela), uno dei cavalli di battaglia dell’Adega de Favaios. Dopo la consueta fortificazione, questo vino comincia un “affinamento ossidativo” con frequenti travasi, infine si fa il blend di annate con una media di 4 anni in botte. Il rubino delle uve d’origine si è tinto di caldi riflessi aranciati, e la rapida terziarizzazione è evidente al naso: prevalgono note di fichi, frutta secca (noce, mandorla), caramello e spezie. Poi tannini ben arrotondati, struttura e dolcezza in splendido equilibro. Questo è IL Porto di breve-media evoluzione, la tipologia più classica e (dopo il più “giovane” e meno ossidato Ruby) diffusa, ideale con frutta secca e dolci al cioccolato.
Poi… dulcis in fundo, è proprio il caso di dirlo… il Porto Vintage 2000 di Quinta das Aranhas. 

Quinta das Aranhas (in italiano sarebbe all’incirca Cascina dei Ragni), piccola azienda a conduzione familiare, ne produce poche migliaia di bottiglie. Le foto della pigiatura coi piedi nelle vasche di granito – i lagar – ci fanno intuire che festa sia la vendemmia lungo il Douro, e quanto forte sia l’attaccamento alle più antiche tradizioni. Il risultato: al naso sembrerebbe un grande vino rosso secco, integro sin dal colore scurissimo, impenetrabile, come nei profumi austeri e solo in parte terziarizzati, di more, mirtilli e spezie. Poi in bocca ritroviamo il Porto, ma con una marcia in più: ricchissimo, fresco per quanto caldo (20%) e morbido, dai tannini belli vivi ma velllutati, sapido e di lunga persistenza. Un vino da meditazione, o con erborinati molto stagionati o ancora cioccolato amaro di alta gamma.
Grazie Claudio e Vania per avere condiviso con noi vini dall’indiscutibile valore e tante sensazioni da questa bellissima terra, che ora abbiamo davvero voglia di visitare!
Alla prossima.
Giorgio




