L’itinerario proposto ci porta ad esplorare l’estremità sud-occidentale delle Langhe, le Langhe Monregalesi, così dette dall’antico nome medievale della città di Mondovì, il Mons Regalis.

Mondovì (Mont ‘d Vi = il monte di Vico, cioè Vicoforte), fu per vari secoli la più popolosa e una delle più ricche città del Piemonte, grazie agli intensi traffici tra Piemonte, Liguria e Provenza che la attraversavano. Fu sede della prima università del Piemonte e di una fiorente comunità ebraica, di cui si rimane la magnifica sinagoga barocca (monumento nazionale).

Il Monregalese si divide in tre zone con Mondovì nel punto d’incontro: la pianura a Nord Ovest, le colline delle Langhe Monregalesi a Nord Est tra Mondovì e Dogliani, e a Sud le Alpi Liguri o Monregalesi che sono l’estrema propaggine meridionale delle Alpi Marittime, con grandi foreste di abeti bianchi, faggi e alle quote più basse castagneti a perdita d’occhio, e… dalle vette nelle belle giornate si domina il mare della Liguria, mentre verso Nord si vedono all’orizzonte il Monte Rosa ed il Cervino!

Il Monregalese di collina consiste in due zone dalle caratteristiche abbastanza distinte. A Nord le colline di Dogliani, Farigliano e Clavesana, dove prevale la quasi monocoltura della vite, principalmente Dolcetto ma anche un po’ di Barbera e qua e la qualche discreta presenza di vitigni internazionali. A Sud, su entrambi i lati del Tanaro, le colline di Bastia di Mondovì, Briaglia, Vicoforte e infine Mondovì. In questa seconda zona, un tempo regno del Dolcetto e, specie tra Mondovi e il Tanaro, coltivata anche a Moscato, oggi la viticoltura ha un ruolo secondario nella pur florida economia agricola, orientata principalmente all’allevamento di bovini da carne di razza piemontese e alla frutticoltura. Per anni l’unica DOC permessa è stata il Dolcetto delle Langhe Monregalesi, ma dal 2011 questa è confluita nella DOCG Dogliani, che promette una maggiore“vendibilità” a scapito forse della tipicità.

Un Dolcetto tradizionalmente più fruttato e quasi amabile rispetto ai Dolcetti più “secchi” di Dogliani e di Alba, che combina colori scuri quasi bluastri a profumi molto intensi di ciliegie mature. Data la quota non trascurabile tra i 400 e i 500 m e la vicinanza di queste estreme colline alle Alpi Marittime (che osserveremo bene dalla vigna di Giorgio a Vicoforte), ci sono forti escursioni termiche anche nel cuore dell’estate con notti fresche e ventilate alternate a giornate torride, in un contesto di sostanziale siccità estiva in contrasto con le abbondanti nevicate invernali. Questi contrasti favoriscono lo sviluppo di sostanze aromatiche nella buccia che poi si sviluppano in intensi profumi nel vino.

Dolcetti considerati minori, certamente per i volumi prodotti, ma non certo per la qualità visti i passati e recenti successi di alcune cantine.

Bricco del Cucù a Bastia di Mondovì. Ottimo il Dogliani Superiore San Bernardo (3 bicchieri del Gambero Rosso 2013), fatto col le uve del “bric” su cui sorge la Cappella di San Bernardo, anche nota come il Sacrario dei Partigiani. L’azienda fa anche due uvaggi interessanti, uno di Merlot e Dolcetto e uno di Sauvignon Blanc e Arneis.

Nei pressi dell’azienda sono degni di una visita….

… sia la Cappella di San Bernardo, nota anche come Sacrario dei Partigiani, con il suomagnifico il panorama sui vigneti, le Alpi Marittime e la pianura cuneese, che permette anche di capire come fu feroce in queste zone la guerra civile tra ‘43 e ’45.

Bastia di Mondovì, Cappella di San Bernardo e Sacrario dei Partigiani

Bastia di Mondovì, Cappella di San Bernardo e Sacrario dei Partigiani

… sia la Chiesa di San Fiorenzo, dove possiamo ammirare uno dei più bei cicli di affreschi medievali del Piemonte (Paradiso, Purgatorio, Inferno…un sacco di mostri per mettere paura ai contadini ignoranti del passato!)

Bastia di Mondovì, Chiesa di San Fiorenzo: l’Inferno

Bastia di Mondovì, Chiesa di San Fiorenzo: l’Inferno

Attraversando il Tanaro, vi sono altre tre cantine degne di nota.

Cascina Monsignore, a Vicoforte, il cui Dogliani è stato lodato da Luca Maroni per la sua fruttopolposità… Ne fanno due tipi, tra cui il top è il Monsignore, che prende il nome dal fatto che la spettacolare villa del ‘500 e le colline e le cascine dei dintorni erano un tempo di proprietà del vescovo di Mondovì, che vi faceva coltivare Dolcetto e Moscato (il Moscato fu coltivato fino agli anni ’60 sulle colline tra Mondovì e il Tanaro, poi rimanendo fuori dell’area DOC è progressivamente scomparso). Da vedere la villa e l’esposizione ad anfiteatro delle vigne.

Bricco Mollea, sempre A Vicoforte, altro produttore di un Dogliani Superiore di qualità, che ha trasformato la sua proprietà in un relais di lusso.

Il Colombo, a Mondovì, tenuta che fu del Barone Riccati e ora è di proprietà una famiglia norvegese, ha guadagnato più volte i 3 bicchieri del Gambero Rosso e vinse attorno al 2003 o 2004 il premio del migliore 3 bicchieri rosso d’Italia: allora era un Dolcetto delle Langhe Monregalesi DOC, abbastanza incredibile, ma dopo che uno ha visto le vigne diventa più credibile. Oggi è un Dogliani Superiore, appunto il Colombo. Buono anche il Monteregale, un uvaggio di Merlot e Dolcetto.

L’Azienda Agricola Il Colombo a Mondovì, sullosfondo la pianura monregalese

L’Azienda Agricola Il Colombo a Mondovì, sullo sfondo la pianura monregalese

Se le Langhe sono sicuramente famose nel mondo per i loro nebbioli, siano essi Barolo o Barbaresco, merita per noi torinesi che viviamo così vicino a queste terre, scoprire e apprezzare questi prodotti minori che però sono il frutto di una natura ancora incontaminata, di una secolare esperienza tramandata di generazione in generazione e… di tanta passione.

Giorgio