Torino, Domenica 19 ottobre, ore 9:00, parcheggio antistante il Museo dell’Automobile…

…un gruppetto di eno-appassionati affina i dettagli – “Io devo fare benzina”, “Noi prenderemmo un cappuccio” – e poi via, direzione Treiso (Cn), per visitare l’azienda vitivinicola Rizzi.

L’autunno è la stagione migliore per apprezzare le vigne. Il verde si tinge di giallo o di rosso a seconda dei vitigni. La nebbiolina del mattino si dirada per lasciare spazio ad una delle ultime giornate calde prima dell’arrivo del freddo e dell’inverno.

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Arriviamo in Cantina e siamo accolti da Jole che insieme al fratello Enrico (enologo) aiutano da oltre dieci anni il padre, il Sig. Ernesto Dellapiana, nella conduzione di una bellissima realtà vinicola nel cuore del Barbaresco, quella piccolissima porzione di territorio piemontese capace di generare altissimi vini.

Il nome della cantina è il toponimo della collina, il cru Rizzi, pochi km fuori dal paese di Treiso in direzione Alba. I muri della cascina sono antichi e densi di tradizione (l’edificazione risale alla fine del ‘700 e da allora è sempre appartenuta alla famiglia); tradizione tramandata poi alle nuove generazioni.

Jole ci mostra le colline che ci circondano, indicandoci le vigne di proprietà: “Lassù, vicino al paese, c’è il Nervo e dietro quella costa c’è il Pajorè”, nomi mitici tra i vigneti del Barbaresco. Ci affacciamo nei locali di vinificazione dove una batteria di tini termo-controllati e di pompe per i rimontaggi stanno “domando” i mosti in fermentazione. Tanto Nebbiolo, ma anche Barbera, Dolcetto e Chardonnay, i vitigni tipici di Langa.

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Attraversiamo poi il locale di affinamento. Le vecchie vasche di cemento aspettano di trovare una nuova vita e le botti di legno – “legno grande” come si dice in gergo – stanno “coccolando” le annate 2013 e 2012 di Barbaresco secondo l’approccio tradizionale seguito dalla Cantina Rizzi, quello che poi fa loro scegliere di uscire in commercio anche un semestre dopo rispetto al disciplinare per aspettare che i tannini non siano troppo verdi e far sì che i grandi cru della gamma risultino più armonici.

Ci spostiamo quindi nell’accogliente sala da degustazione con superba vista sulla Langa ed entriamo così nel vivo di questa azienda, innovativa e tradizionale allo stesso tempo. Jole ci mette disposizione non solo l’intera gamma della cantina, ma scende anche in “archivio” a scovare annate meno recenti per farci capire cos’è la Langa e cos’è Rizzi.

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Apriamo gli assaggi con un Metodo Classico Extra Brut millesimo 2009 (48 mesi sui lieviti!!!) base Chardonnay, Pinot Noir e una sapiente percentuale di Nebbiolo per dare più territorialità a questo splendido spumante. Lo apprezziamo a bocca pulita, ma capiamo subito che si addice ad accompagnare a tutto pasto qualche bella pietanza, grazie a struttura conferitagli dalle due uve a bacca rossa. Il successivo Chardonnay è un vino netto, pulito e fruttato; niente legno ad arricchirlo eccessivamente, ma pura beverinità. Lo immaginiamo protagonista su una tavola estiva, magari più soleggiata di quella appena trascorsa, ad accompagnare una colorata pasta e un buon piatto di pesce. Oltre alla versione assaggiata da noi, per chi cerca un tocco di originalità e profumi più ricercati, c’è lo “Sterbu”, in dialetto piemontese “torbido”. Il vetro è trasparente, l’etichetta è disegnata da Enrico stesso e le “istruzioni per l’uso”, si fa per dire, suggeriscono di girare un paio di volte su se stessa bottiglia per rimettere in sospensione una piccola quantità di lieviti, che poi vi emozioneranno al naso e daranno grassezza al palato. La Barbera d’Alba che assaggiamo a seguire è croccante, calda e caratterizzata da una buona freschezza tipica del vitigno, ma soprattutto è del 2010! Fruttutato di prugna e note di ciliegia sotto spirito. Ci addentriamo quindi tra i vini reali con una tripletta davvero emozionante:

  • BarbareschiBarbaresco Rizzi 2011
  • Barbaresco Nervo “Fondetta” 2010
  • Barbaresco Pajorè 2007

Bevendoli e confrontandoli, anche chi non è appassionato e sensibile percepisce cosa significa la vigna e l’annata. Già, perché la tecnica in cantina dei tre vini è pressoché omogenea nei tempi di macerazione e nella modalità di affinamento ma terreni, altitudini, esposizioni, età della vigna, microclima, insomma tutto ciò che i francesi con fascino e sapienza chiamano terroir, fa davvero la differenza!!! Giovane e irruente il Rizzi 2011, connotato da una certa mineralità che potremmo definire caratteristica della Cantina Rizzi, da riprovare e riscoprire tra qualche anno. Più fine ed elegante il Nervo “Fondetta” 2010, con una femminile speziatura, caratteristiche conferitegli dalla composizione del terreno con marne bianche e strati sabbiosi. Il Pajorè 2007, cru storico esposizione a pieno sud, è un grandissimo Barbaresco, complesso, strutturato e armonico; davvero emozionante.

Qualche collina dopo Treiso, si entra nel territorio del secondo vitigno più diffuso in Piemonte, il Moscato bianco. E proprio con due suadenti espressioni di quest’uva concludiamo la nostra degustazione. Prima un Moscato d’Asti, mosto parzialmente fermentato lievemente frizzante, fruttato e intenso come solo i vini da bacca aromatica sanno essere. Un 2013 sorprendente da apprezzare ben oltre l’anno successivo alla vendemmia. Infine il Frimaio, vendemmia tardiva con uve botritizzate (attaccate dalla botritys cinerea o muffa nobile), è il degno finale di un’interessantissima e coinvolgente degustazione.

Un grazie di cuore a Jole della Cantina Rizzi e… arrivederci Treiso.

Angela e Gabriele