Dopo tanti noiosi giorni di pioggia abbiamo fatto la danza del sole e… siamo stati premiati! Il 5 luglio una giornata di cristallo ci accoglie sulla Serra d’Ivrea. La mia piccola Lucia mi chiede come sia possibile una collina così dritta e lunga da sembrare disegnata col righello!… oggi è difficile crederlo ma questa era la morena laterale sinistra dell’immenso ghiacciaio che in successive pulsazioni – le maggiori delle quali 1,6 milioni e 700 mila anni fa – terminava qui allo sbocco della Valle d’Aosta. Oltre ai terreni morenici ricchi di roccia granitica sbriciolata, che arricchiscono di sapidità i vini, il ghiacciaio ci ha lasciato anche lo splendido lago di Viverone, che luccica a breve distanza verso sud e mitiga il clima: sembra di essere su una balconata assolata e ai piedi delle Alpi prosperano cipressi, fichi, macchie di rosmarino e qualche ulivo e… la vite ovviamente!   Itinerario large

Ed ecco la prima tappa! Benito e Camillo Favaro ci accolgono nel loro piccolo paradiso in località le Chiusure (il nome – del luogo e dell’azienda – ricorda un antico confine fortificato tra i Longobardi che occupavano il PiemontPepe smalle e i Franchi che sconfinavano da nord ovest) a Piverone: terreni comprati e vigne piantate nel 1992, inseguendo un’intuizione di Benito che sconfinava nel sogno, fare un grande vino sulla Serra. Notiamo subito la cura maniacale del vigneto a pergola trentina (nella foto a destra), che si presenta come un giardino di 1,2 ettari con esposizione sud ovest a 350 m s.l.m. attorno alla casa; un altro paio di ettari in piccoli appezzamenti sulla collina di Piverone completano la proprietà. I grappoli di Erbaluce sono già chiusi e ben formati, e verranno diradati per circa un quarto nei prossimi giorni; oggi si va di zolfo (in vigna si usano solo rame e zolfo) per sconfiggere l’insidia dell’oidio in giorni caldo-umidi come questi!

Padre e figlio trasudano passione per l’Erbaluce, che reputano uno dei 5 o 6 più interessanti Le chiusurevitigni bianchi italiani per prospettive di invecchiamento, vitigno simile alla Garganega che in Veneto origina tra gli altri i famosi vini di Soave. In cantina (foto sotto) ritroviamo la stessa precisione e la passione per la sperimentazione e l’eccellenza delle piccole quantità: ed ecco l’Erbaluce di Caluso DOCG Le Chiusure 2013, il vino simbolo e il più importante, quantitativamente, dell’azienda, che nasce dalla vigna intorno a casa. Profumi molto fini di fiori di campo, salvia, pesca bianca, scorza di agrumi appena accennata, in bocca teso, decisamente fresco e altrettanto sapido, molto lungo, profondo. Si sente la firma del terreno roccioso e di uve particolarmente selezionate, vendemmiate appena dopo la metà di settembre, a cui seguono la pigiadiraspatura soffice e poi una macerazione a freddo per 24/30 ore prima dell’avvio della fermentazione a temperatura controllata (18°C). L’affinamento è in acciaio fino ad aprile, poi un mese minimo in bottiglia prima di avviarsi verso una promettente e lunga evoluzione. Peccato che di bottiglie degli anni scorsi non ce ne siano più! Insomma una grande interpretazione dell’Erbaluce, non a caso l’annata 2012 fu premiata coi 3 Bicchieri del Gambero Rosso. L’Erbaluce DOCG 13 Mesi, che fermenta metà in barrique (dove poi effettua anche la fermentazione malolattica) e metà in acciaio e poi viene affinato per 13 mesi di cui 2/3 in barrique, lo proveremo un’altra volta… accorrendo in cantina appena dopo l’imbottigliamento!

Cantina Favaro smallProseguiamo con il rosato “Rosachenonsei” 2013: da uve Nebbiolo e Barbera coltivate sulla Serra, nato per berlo in famiglia, è un rosato con tutta la personalità dei due vitigni da cui nasce. Vinificato come l’Erbaluce ma con macerazione di sole 8-10 ore per acquisire il bellissimo tenue colore, al naso ricorda il lampone, l’amarena, la viola, in bocca è croccante, sapido e succoso, ed è adatto a qualche anno di invecchiamento. Ideale con pesce alla griglia o salsato, ad esempio un bel trancio di tonno con capperi e pomodorini e comunque non teme abbinamenti con carni come un roastbeef, una battuta di fassone e tanto altro.

Ma la cantina Favaro produce anche, in piccolissime quantità, importanti rossi di stampo francese, in cui ritroviamo la passione di Camillo per la Borgogna, il Rodano e la Francia in generale, e l’ispirazione che ne nasce. La  Freisa “F2” 2012 è vinificata in acciaio e sempre in acciaio riposa fino al settembre successivo alla vendemmia. Ha un colore rubino scuro quasi porpora, al naso è evidente il lampone varietale, ma anche altri frutti neri a metà tra il frutto maturo e un primo accenno di confettura, note balsamiche e infine in bocca ha un bell’equilibrio: su tutto ci conquistano i piacevolissimi tannini, che derivano anche dalla macerazione di 5/7 giorni in presenza dei raspi, tecnica usata spesso in Borgogna con il Pinot Nero. Un vino ancora giovane, con un buon potenziale d’invecchiamento.rossomeraviglia

Infine Camillo ci regala ancora due vere e proprie chicche: il Syrah “Rossomeraviglia” 2012: solo 300 bottiglie per passione pura, il nome dedicato alla moglie. Profumi di piccoli frutti neri, di confettura di ciliegia e mora, intenso di grafite e leggermente speziato, bocca elegante, morbido ma allo stesso tempo fresco, con tannini vellutati e una sensazione complessiva di grande equilibrio e finezza. Siamo sulla stessa latitudine dei grandi Syrah del Rodano, il terreno ha una componente granitica molto simile a quella di quei grandi terroir…vorrà dire qualcosa? Spilliamo anche il Syrah 2013 direttamente dalla barrique, i colori sono più giovani e violacei, ma il carattere è quello, un vino da aspettare per cogliere le peculiarità di un’annata in cui la maturazione lunga ma ottimale promette profumi e sensazioni complesse.

È l’ora del pranzo e dobbiamo andarcene a malincuore, ma siamo certi che questa cantina non smetterà di stupirci. A presto!

Dieci minuti a piedi tra vigne, prati e frutteti ci portano all’Agriturismo Cascina Gaio, dove la padrona di casa Fabrizia Godone, nostra socia ma soprattutto sommelier e appassionata operatrice nel mondo dell’eno-gastronomia, ci accoglie con un salvifico kir alla canavesana (mix di metodo classico di Erbaluce e crème de cassis della Borgogna, il prezioso liquore ottenuto dalla macerazione in alcol del ribes nero con l’aggiunta di sciroppo di zucchero), servito ben fresco all’ombra del porticato e accompagnato da salvia fritta (favolosa, il segreto è che nella pastella c’è anche un po’ di parmigiano). GaioL’azienda agricola di famiglia produce numerose varietà di frutta e verdura biologiche, e il nostro pranzo è un’ antologia di cibo a Km Zero fresco sano e soprattutto buono! Nel menu spicca, tra gli antipasti, il tomino con le marmellate dell’azienda (prugne, pesche e l’insolito ma delizioso kiwi) seguono poi il risotto con gli zucchini e i loro fiori e il fantastico coniglio al passito di Erbaluce, che riscuote un gran successo tra gli affamati eno-camminatori. Il tutto accompagnato dal piacevole Erbaluce base della Cantina Sociale della Serra (anch’essa a Piverone) e poi dal vinoso e fresco rosso della casa che è perfetto con il coniglio ed è vinificato dalla cantina La Masera con le uve rosse della vigna di Fabrizia (il classico taglio canavesano di Barbera, riconoscibilissima nella freschezza e al naso, Neiret, Freisa, Nebbiolo, etc.).  Infine la macedonia con la frutta letteralmente appena raccolta: in questi giorni abbondano le pesche tabacchiera, le prugne gialle e i deliziosi fioroni! (i primi fichi della stagione, grandi e sodi, da provare la sera a spicchi con pancetta o prosciutto crudo tagliato sottile…).

GesiunUn po’ alticci ma soddisfatti, la Compagnia del Calice e dello Scarpone riprende la sua strada sotto il sole abbagliante! Qualcuno si becca un bimbo sulle spalle, e la camminata si fa eroica. Si unisce a noi Fabrizia e camminiamo per un tratto sull’antica Via Francigena, che nel medio evo i pellegrini del nord Europa, attraversate le Alpi e passati per Aosta, percorrevano verso sud in direzione Roma. Mentre guardiamo dall’alto il lago di Viverone, solcato da vele e canoe, ammiriamo le millenarie rovine romaniche del Gesiun (il “chiesone”, nella foto a sinistra) circondato dai fitti vigneti a pergola: siamo certi che i pellegrini, appena affacciatisi sull’eldorado dell’Italia, siano rimasti a bocca aperta di fronte a tanta bellezzaVia Francigena - small, come noi oggi.    

Dopo poco più di mezz’ora di passeggiata tra le vigne raggiungiamo il piccolo e ben conservato centro storico di Piverone: i capperi sul muraglione della chiesa la dicono lunga sul clima mite di questa collina assolata. Ancora due passi ed eccoci accolti da Sandro Comotto e Davide Boglia (foto sotto) alla Cantina La Masera. 6 amici appassionati di vino nel 2005 decidono di affrontare una scommessa, creare un’azienda che rinverdisca i fasti del Passito di Caluso, ma cammin facendo esplorano tutte le sfaccettature che l’Erbaluce e gli altri vitigni canavesani permettono. Oggi gli ettari vitati sono 5 e la cascina di Piverone, che è circondata da uno scenografico

Davide

Davide

vigneto di Erbaluce allevato a controspalliera (in una insolita forma che ricorda il cordone speronato), ospita anche la moderna cantina. Siamo appena arrivati ed è subito come se ci conoscessimo da tanti anni! L’atmosfera rilassata di questo tardo pomeriggio di inizio estate e la tranquillità del cortile-belvedere stimolano una sacco di racconti appassionati sulla storia di questa giovane e ambiziosa cantina. Sandro ci parla delle difficoltà e delle soddisfazioni nel cercare di “far crescere” l’Erbaluce dal ruolo di vino (ci si permetta il termine) un po’ “decaduto” e di rilevanza prevalentemente locale a quello di ritrovata risorsa nella sparuta ma agguerrita pattuglia dei bianchi piemontesi di rango. Se la DOCG ha certificato questa eccellenza, la sfida sui volumi e sull’alta qualità, che permettano all’Erbaluce di farsi meglio conoscere in Italia e all’estero, è tutta da giocare e cantine come La Masera e Favaro sono prototipi del rinnovamento necessario in queste zone. Davide (a sinistra), che segue vigne e cantina a tempo pieno, ci trasmette la sua grande passione per questo mestiere dove non si finisce mai di sperimentare e imparare creando sempre qualcosa di nuovo. In cantina ammiriamo la tecnologia al passo coi tempi, ma anche le tradizionali pupitres che, con il remuage fatto a mano, fanno da incubatore per gli ultimi nati della cantina, i due metodo classico che a breve assaggeremo.  

Erbaluce small

Grappoli di Erbaluce

MasileSi parte con il Masilé, Erbaluce di Caluso DOCG metodo classico, millesimo 2011, alla sua prima vera uscita dopo alcuni esperimenti. Frutto di uve coltivate a Settimo Rottaro e Azeglio, il vino base si ottiene da pressatura soffice, illimpidimento naturale a freddo, poi 3 settimane di lenta fermentazione a bassa temperatura (15-16°), dopo di che riposa 6 mesi sui lieviti parte in barrique e parte in acciaio. A marzo si effettua il tirage e dopo la rifermentazione in bottiglia il vino riposa 18 mesi sui lieviti prima della sboccatura. Noi abbiamo provato il 18 mesi, ma sono in preparazione versioni con maggiore invecchiamento, fino a 36 mesi, che non vediamo l’ora di assaggiare quando saranno pronte! Le bollicine sono fitte e molto persistenti, il paglierino scarico dell’Erbaluce qui si carica di qualche nota dorata, al naso si avverte il tipico mix varietale di erbaceo, floreale, mela e mandorla, ma anche un accenno di tostatura dovuto forse alla barrique e il tipico biscottato del metodo classico; in bocca è cremoso e persistente, di struttura importante (13° di alcol), fresco e leggermente ammandorlato, ottimo col pesce ma anche da tutto pasto. Una bella dimostrazione delle potenzialità dell’Erbaluce metodo classico. 

Segue il Bolle, Canavese Rosato Spumante DOC metodo classico, millesimo 2011, ottenuto da uve Barbera 60%, Freisa 20%, Bonarda 15% e Vespolina 5%. Le uve deraspate subiscono una  macerazione a freddo di alcune ore, che dona al mosto il bellissimo colore, poi dopo la pressatura soffice inizia la fermentazione di 3 settimane a bassa temperatura (15-16°), dopo di che il vino base riposa 6 mesi sui lieviti in acciaio prima del tirage. Dopo la rifermentazione in bottiglia, affina sui lieviti per 20 mesi. Un metodo classico sorprendente: affascinante il colore buccia di cipolla, il naso è delicato e fragrante di fragoline di bosco, amarena e crosta di pane, in bocca è potente e “croccante”, con quasi 13,5° di alcool ma freschezza e sensazioni fruttate da vendere. Vino da tutto pasto, dai saporiti antipasti tradizionali ai salumi, da provare persino con carni importanti.

Ed eccoci agli Erbaluce fermi: partiamo dall’Erbaluce di Caluso DOCG Anima 2013, vino base della gamma, vinificato in acciaio e poi affinato per 6 mesi in acciaio e 3 in bottiglia. Giallo paglierino scarico, naso leggermente erbaceo e floreale, ma anche mela e leggera nota di pesca bianca; in bocca la tipica acidità varietale ma nel contesto di un vino già pronto e piacevole, macariacorrispondente col naso. Insomma un Erbaluce molto tipico, immediato e di ottima beva, per accompagnare piatti di pesce o comunque dai sapori delicati. Segue l’Erbaluce di Caluso DOCG Macaria 2012: come il precedente è frutto dei vigneti di Settimo Rottaro e Piverone, tra cui la vigna “Macaria”, ma la selezione delle uve e le particolari lavorazioni in cantina, che cominciano con la macerazione a freddo per 12-18 ore prima della pressatura, lo portano alcuni gradini più in alto. A metà fermentazione il 70% del mosto si sposta in barrique di rovere francese e il resto rimane in acciaio. Finita la fermentazione le due partite affinano sui lieviti per 10 mesi, poi dopo l’assemblaggio per ulteriori 6 mesi in bottiglia. Nasce così una struttura importante, che non teme l’invecchiamento e gli abbinamenti impegnativi: il colore è paglierino più intenso; al naso note di pesca gialla, miele, vaniglia e burro, quasi da Chardonnay di Borgogna; in bocca è giovanissimo, con acidità tesa e sapidità più spiccate rispetto al base, persistente, da riprovare sicuramente dopo qualche anno di invecchiamento e accompagnato dagli antipasti e dai primi o dalle zuppe della tradizione canavesana, ma anche da piatti di pesce o della cucina orientale. 

Ottimo anche il Canavese Rosato DOC 2013, frutto di Barbera 60%, Freisa 30% e Vespolina 10%, fruttato, fresco, ideale come aperitivo e con antipasti e piatti semplici dell’estate.

L’unico rosso che proviamo in questo caldo pomeriggio di rinfrescanti bianchi e rosati è il Canavese Barbera DOC 2013: affinato dai 6 ai 10 mesi a seconda dell’annata, per metà in acciaio e metà in legno piccolo, ha un colore rubino scuro quasi violaceo, profumi intensi di ciliegia e ribes, vinoso, tipica espressione della Barbera nel Canavese; in bocca è fresco e corposo. Perfetto con antipasti tradizionali, agnolotti e piatti di carne succulenti. Purtroppo il Canevese Nebbiolo DOC è finito… buon segno per la Masera! ed uno spunto per espanderne la produzione, ma sapremo aspettare!

masera_caluso_passito_di_erbaluce_venanzia_docFiniamo con l’inizio della storia della Masera, il Caluso Passito DOCG Venanzia 2010. I migliori grappoli dell’uva “rustia”, raccolti a metà settembre, appassiscono fino a fine febbraio in cassette poste in locali ben aerati, accarezzati dall’umidità che si alza dal lago di Viverone. Alla pigiatura segue la lentissima fermentazione a 17° in barrique di rovere francese, poi ancora in barrique l’affinamento per 30 mesi seguito da ulteriori 6 in bottiglia. Il colore è giallo dorato intenso ma ancora ben vivo, non lo spento ambrato scuro di  certi passiti dei nonni; il naso è ampio, con note di fichi e albicocche secche, miele, tostatura, in bocca al calore dei 13,5° di alcool si accompagnano morbidezza, dolcezza non stucchevole, buona sapidità e una viva acidità che promette una evoluzione interessante. Ottimo con dolci dal sapore intenso, e ancora di più con formaggi stagionati ed erborinati. Ecco il vino che è la vera anima del Canavese! Un piccolo gioiello difficile da comunicare e fare conoscere, ma che ci auguriamo possa tornare alla fama di un tempo.

Il tempo passa sorseggiando e chiacchierando in pieno relax e… rubando il verso al poeta… si fa subito sera! È ora di tornare alla base dopo una giornata luminosa come poche: ci portiamo via la sensazione di avere scoperto un angolo del Piemonte poco noto ma delizioso, di avere dei nuovi amici in entrambe le cantine che abbiamo visitato, ma anche un nuovo amico di nome Erbaluce, che forse prima conoscevamo poco ma oggi abbiamo imparato ad apprezzare meglio.    

Alla prossima gita del Calice!

Giorgio